Mondi convergenti: il nuovo umanesimo digitale e creativo. Questo il titolo di uno dei tre talk che si sono svolti ieri, nella suggestiva cornice del Castello del Malconsiglio di Miglionico, in seno all’iniziativa Premio Mondi Lucani, giunta quest’anno alla sua seconda edizione.
Lo scenario di riferimento è quello di un mondo in continua trasformazione sotto le spinte della tecnologia. Tecnologia che disegna intorno a noi una nuova realtà, con la quale siamo costretti a confrontarci. È in tale contesto che si colloca l’umanesimo digitale, il recupero della centralità dell’uomo rispetto alle macchine. Da qui prende le mosse l’intervento della dottoressa Cinthia Bianconi, presidente della fondazione Adriano Olivetti. Il focus è la vocazione umanistica del lavoro, la riaffermazione di un’etica d’impresa che non miri esclusivamente al profitto, ma coinvolga e rispetti la società civile, attraverso la partecipazione attiva del lavoratore, il quale smette di essere parte di un ingranaggio e si riscopre soggetto pensante sulla base della valorizzazione delle proprie qualità intrinseche, che nulla hanno a che fare con la semplice tecnica.
Ma quanto si può realmente fare a meno della tecnica e della tecnologia? E quanto le macchine, negli ultimi anni, hanno condizionato l’essere umano? Queste le domande da cui si sviluppa l’intervento del dottor Nicola Cavallo, professore ordinario di Fisica Sperimentale presso il dipartimento di Scienze dell’Unibas. Sfatare il mito del progresso, secondo cui tutto ciò che segue è migliore rispetto al precedente. Cavallo ricorre alla metafora della rana di Chomsky: «Una rana nuota in un pentolone pieno d’acqua fredda. Viene acceso il fuoco, l’acqua diventa tiepida e la rana la trova gradevole. La temperatura sale, l’acqua è calda. La rana si stanca un po’, ma non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma non ha la forza di reagire, sopporta e non fa nulla. La temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce, semplicemente, morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, balzando subito fuori dal pentolone». Ciò che si vuole sottolineare è l’accettazione passiva di qualsivoglia cosa, la completa saturazione dei cervelli che porta l’essere umano a adattarsi anche a situazioni spiacevoli sulla base di piccoli cambiamenti che, inizialmente, sembrano essere impercettibili e che si rivelano, infine, letali. L’esempio concreto dei nostri tempi è la disinformazione, la tendenza ad affrontare la complessità del reale attraverso simboli semplificatori. All’estremo di ciò troviamo il pensiero alternativo e complottista. Cavallo fa poi riferimento alle echo chamber, camere di risonanza in cui l’utente di internet non fa che trovare conferma ai propri iniziali pregiudizi, un circuito chiuso che conduce il soggetto, nonostante le enormi possibilità offerte dal web, sempre nella stessa direzione, in un mondo piccolo popolato da propri simili. Tale meccanismo risulta essere automatico sui social, ed è proprio questo stesso meccanismo a favorire la diffusione di informazioni non corrette in rete.
Tra i panellist la dottoressa Rosita Orlandi, vicepresidente nazionale FIDAS e ricercatrice in Storia delle Relazioni Internazionali presso il dipartimento di Scienza Politiche dell’Uniba. Nell’ottica del nuovo umanesimo del ventunesimo secolo, trova spazio la forma del volontariato: «cerniera indispensabile tra il bisogno e la realizzazione del bisogno, un volontariato che sia organizzato, moderno, professionale – aggiunge la Orlandi – ma non professionista».
L’attenzione si sposta, in seguito, in campo economico. A prendere parola è Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, già docente di Scienze delle Finanze presso l’Università La Sapienza di Roma. Pisauro fa il punto sulla situazione economica italiana, sottolineando come gli interventi sulla finanza pubblica non possano rappresentare l’unica soluzione percorribile. «Occorre ricominciare a crescere, affrontare le riforme storiche. Ciò vuol dire rendere più facile fare impresa. Far funzionare il mercato, riducendo gli oneri burocratici e amministrativi, senza alcuna tolleranza per l’evasione fiscale. Bisogna fare scelte strategiche – conclude Pisauro – senza dover rispondere all’antica necessità di dover accontentare tutti, concentrando gli sforzi su i settori ritenuti più importanti».
È Gregorio De Felice, Chief Economist di Banca Intesa San Paolo, già premiato Mondi Lucani 2019, a fare il punto sulle nuove generazioni. «I giovani non rientrano nell’agenda economica dei governi degli ultimi dieci anni». A conferma di ciò i sempre più bassi investimenti in materia di istruzione, addirittura inferiori rispetto agli interessi maturati sul debito pubblico; e il rapporto insufficiente tra la scuola e il sistema produttivo, programmi e prospettive che sembrano non incrociarsi mai.
Simona Pellegrini